Brewdog contro le birre industriali (e contro tutti)

Cartellone pubblicitario Brewdog

Il birrificio scozzese parte nuovamente con una campagna pubblicitaria contro le birre industriali. Scopriamo insieme alcuni aspetti della nuova strategia di marketing di Brewdog, che sfrutta una debolezza degli avversari.

Cartellone pubblicitario Brewdog
Pubblicità comparativa in UK

Punk di tutto il mondo (artigianale), Brewdog è viva e lotta insieme a voi! Da qualche tempo è partita nel Regno Unito la nuova campagna pubblicitaria del birrificio di Ellon, su cartelloni stradali e pagine di quotidiani. Qual’è l’obiettivo dei fondatori James Watt e Martin Dickie? Lo scopo è chiaramente dichiarato alla fine del comunicato Brewdog, sostenere la campagna di private equity del birrificio; cioè convincere piccoli azionisti ad investire.

Già in passato ci furono malumori sulle strategie finanziarie dei due soci, in particolare mi riferisco alla cessione del 22% delle quote alla californiana Tsg Consumer Partners . La vicenda venne spiegata molto bene in un articolo del Fatto Quotidiano di Maggio 2017. Dal punto di vista legale la mossa metteva al riparo dalla possibile uscita dal novero dei birrifici artigianali; negli USA infatti si può alienare al massimo il 25%. Una parte consistente del ricavato, circa 100mln dei 215mln di sterline incassati, venne reinveistita nell’azienda stessa.

I risultati si vedono a distanza di un anno, il primo e più eclatante è il Doghouse a Columbus, Ohio: un hotel Brewdog di 32 stanze con birrificio interno e varie features. Gli obiettivi di crescita del birrificio, dunque, ci sono e vengono portati avanti con costanza. Nel 2017 gli ettolitri prodotti da Brewdog sono stati 214mila, ponendolo per esempio al di fuori della definizione di birrificio artigianale in base dalla legislazione italiana, da noi se produci più di 200mila hl perdi la qualifica di artigianale.

Il consumatore medio di birra artigianale, però, ha ancora la percezione di Brewdog come produttore craft? Il cuore del problema è tutto qui. Per questo motivo, probabilmente, la strategia del birrificio è in gran parte mediatica con particolare riguardo ai social. Una delle iniziative è appunto quella denominata Equity for punks, che punta a raccogliere capitale di rischio tra gli stessi appassionati, trasformandoli in azionisti.

Brewdog Punk IPA
Brewdog Punk IPA

Altro elemento mediatico è quello di porsi come argine a difesa del craft contro i cattivi dell’industria. In questo modo i ‘dogs’ dell’Aberdeenshire affermano due cose almeno: prima di tutto si considerano ancora artigianali, in secondo luogo si riconoscono implicitamente il loro ruolo di leader nella guerra commerciale dei buoni contro i cattivi. L’obiettivo è abbastanza facile da trovare e lo combattono con una tattica degna del grande Sun Tzu, l’autore dell’Arte della Guerra.

Il campo è apparentemente ostile, è quello familiare alle multinazionali: cartellonistica stradale e pagine di quotidiani, ma si punta a delegittimare il nemico presso le proprie truppe, se è vero che il 96% del mercato della birra UK è ancora in mano alle multinazionali del settore. In secondo luogo si usano le stesse armi delle multinazionali: i giudizi di Ratebeer, il sito internet più influente di critica birraria; anche ora che è partecipato da AB Inbev (qui un’analisi approfondita di Andrea Turco su Cronache di Birra)

Il trucco è questo, lanciare il sasso senza nascondere la mano.
Si mostrano, come pubblicità comparativa, i giudizi su quattro birre molto note nell’area britannica, senza timore di essere smentiti. In fondo è la stessa AB Inbev ad affermare indirettamente che Brewdog è meglio di Asahi (Nastro azzurro), Molson Coors (Carling) e di AB Inbev stessa (Budweiser).
Semplicemente geniale.

Brewdog sui quotidiani
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CrAk Guerrilla! Le IPA si bevono giovani (e dalla lattina)

Chiacchierando con Marco (publican di Etimuè ad Acireale) e Francesco ( organizzatore del BeerCatania) è saltato fuori l’argomento del giorno: il bugiardino applicato sulle lattine di CrAk Guerrilla.

Crak Guerrilla 40cl
Il bugiardino della Guerrilla

Una birra può avere le avvertenze per la somministrazione e le modalità d’uso, come i medicinali? All’inizio sembrava una trovata ironica, una genialata di qualche creativo del marketing del birrificio di Campodarsego. Leggendo meglio, però, viene il dubbio che i ragazzi di CrAk prendano molto sul serio i concetti scritti sulla lattina. Se le cose stanno così – e non ci sono motivi per dubitarne – leggiamo meglio e parliamone.

Le birre molto luppolate devono seguire la catena del freddo

Potrebbe anche starci, è vero che il caldo accelera i processi degenerativi e bere birre prodotte da lungo tempo finisce per affievolirne la freschezza organolettica. Nella Guerrilla vengono usati Simcoe (resina di pino e agrumi), Mosaic (pino fresco, mango, mirtillo e agrumi) e Galaxy (agrumi, pesca, passion fruit e frutta a polpa gialla). Mano a mano che ci si allontana dalla Best Before Date si dovrebbero percepire meno intense queste caratteristiche: il pino un po’ più secco, i fiori un po’ appassiti e la frutta un po’ marcia. L’obiezione però nasce spontanea: lo stile IPA non era quello dei velieri che portano birra da Londra alle Indie? Come si ripete spesso nei corsi di avvicinamento alle birre artigianali, lo stile IPA viene fuori proprio per i problemi di conservazione della birra durante i lunghi viaggi per mare. Possibile che il luppolo da formidabile conservante sia diventato l’anello debole?

La catena del freddo
Sempre sul bugiardino, CrAk consiglia di acquistare birre molto luppolate solo se sono conservate in frigo e hanno mantenuto la catena del freddo lungo la filiera distributiva. I manuali HACCP non contemplano la birra artigianale tra gli alimenti che possono sviluppare rischi e necessitano di trasporto refrigerato. Per analogia diciamo che la temperatura di trasporto potrebbero essere i +4°C previsti per latte, yogurt ecc.

Crak Guerrilla 40cl
La catena del freddo

Meglio bere dalla lattina
E’ questo il suggerimento più sorprendente: bevi dalla lattina. CrAk Guerrilla viene confezionata in isobarico, quindi senza contatto con l’aria e “dosando” la CO2 interna. Bere dalla lattina, quindi, significa bere la Guerrilla come il mastro birraio ha previsto che sia bevuta. Tracannare dalla bottiglia/lattina però significa andare contro un’interpretazione più ampia della degustazione. Quando bevo voglio sentire il sibilo dell’anidride carbonica che sfugge dal tappo o dalla latta. Il colore della birra, la velatura, il cappello di schiuma: sono tutti elementi importanti su cui si basano anni e anni di critica birraria. L’aspetto più inquietante, però, riguarda l’analisi olfattiva: mi fai un pistolotto sulla freschezza dei luppoli, sulla rispetto della catena del freddo e non mi permetti di apprezzare al meglio gli accenti resinosi di pino del Simcoe o le sfumature al mirtillo del Mosaic?

Crak Guerrilla 40cl
Le note finali

Anzi meglio non usare il bicchiere. Potrebbe essere sporco o la birra servita male. Si consiglia di “annusare la birra dal piccolo foro e contemporaneamente premere delicatamente”.
A chiusura delle istruzioni viene riportata l’email dell’ufficio reclami, per segnalare situazioni fuori dai canoni indicati per la CrAk Guerrilla.

Il mondo alla rovescia sembrerebbe, il birraio che insegna a vivere al bier sommelier o al publican.
Eppure la CrAk philosophy, rivoluzionaria e dirompente, ha i suoi seguaci. Il mondo dei beer geeks, con forte connotazione social e presenza massiccia nelle grandi città, accetta e fa sua questa  visione. Birre come CrAk Guerrilla o CrAk Neipa sono tra le più richieste e cariche di hype per gli appassionati. Il birrificio padovano è considerato come quello più d’avanguardia  e vicino a modelli inglesi e americani, nulla di strano se cerchi di affermare il suo ruolo anche con posizioni molto controcorrente.
Chissà che alla fine non abbiano ragione ….

Cheers!

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